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Milton, John.

Poeta e scrittore inglese. Fu avviato dal padre e da un precettore presbiteriano allo studio delle lingue classiche, dell'italiano e dell'ebraico, attingendo contemporaneamente, e ancora giovanissimo, ai due modelli del Rinascimento e della Riforma che caratterizzarono sempre la sua personalità culturale e artistica. Frequentò la Saint Paul's School di Londra e, nel 1624, entrò al Christ's College di Cambridge, dove si laureò nel 1632. Durante gli anni della formazione M. aveva cominciato a comporre versi in inglese, ma anche in italiano e in latino; questa attività proseguì negli anni seguenti, trascorsi nella casa paterna di Horton (la sua produzione giovanile, considerata da un punto di vista stilistico già matura, fu raccolta e pubblicata in volume nel 1645). Al 1629 risale la prima importante poesia di M., l'ode On the morning of Christ's nativity, cui seguirono nel 1632 i due poemetti dal titolo italiano L'allegro e Il penseroso (un confronto tra i piaceri dell'allegria e quelli della malinconia), che esercitarono poi una notevole influenza sui poeti romantici, per la qualità evocativa del linguaggio in essi utilizzato. Le altre opere di questo periodo trassero origine dagli studi che il poeta compiva in quegli anni: il dramma pastorale Comus (1634), che esaltava la castità e la virtù, fu ispirato certamente dalla lettura di Spencer, di Tasso e del canzoniere di Della Casa e non fu estranea ad essa nemmeno l'elegia funebre Lycidas, composta nel 1637 in ricordo di un amico. Attraverso tali studi egli intendeva prepararsi alla composizione di un grande poema eroico, che potesse conciliare in sé la perfezione formale e ideale dei classici (da Omero a Virgilio e Ovidio) e la spinta morale e spirituale del Cristianesimo della Riforma, elementi che per lui rendevano sublimi le opere di Dante e Petrarca. Fra il 1638 e il 1639, M. decise di completare la propria istruzione con un viaggio che lo portò a Parigi, ma più a lungo in Italia: a Firenze, Roma e Napoli. Durante il soggiorno italiano egli perfezionò la conoscenza della letteratura, della lingua e del petrarchismo, tanto da divenire capace di comporre poesie italiane (cinque sonetti e una canzone). Di grande valore sono anche le composizioni latine - elegie, epistole - da cui emergono non solo capacità tecniche e linguistiche ma contenuti poetici genuini e propri della sua personalità: amore platonico della bellezza, contrasto e composizione tra sensualità innata e aspirazione alla purezza, amore per la natura, ecc.; fra tali opere va senza dubbio ricordato l'Epitaphium Damonis, in morte dell'amico Carlo Diodati. Richiamato in patria dagli eventi politici di quegli anni, la vita del poeta ebbe una svolta sia esistenziale che poetica, dato che, fino al 1660, egli non scrisse più versi ma solo opere polemiche in prosa. Sostenitore delle istanze puritane contro la Monarchia e della Repubblica di Cromwell, M. accettò la carica di segretario del Council of State, ma diede il maggior contributo alla lotta con i suoi scritti. Egli tuttavia appoggiò più una parte politica che una confessione religiosa, come mostrano le sue stesse pagine, che spesso sostengono proposizioni al limite dell'eresia non solo per i puritani ma per i cristiani in genere e testimoniano una sua indipendenza di giudizio che lo preservò sempre dal pericolo del fanatismo. Il libello Areopagitica (1644), ad esempio, fu scritto come difesa della libertà di stampa e di parola, in opposizione a coloro che tale libertà volevano limitare con il pretesto di impedire l'eventuale diffusione di idee sbagliate. M. rispondeva affermando che la virtù si ottiene solo attraverso il superamento del male, nella lotta e nella prova, e che, se discende da pura ignoranza di un'alternativa e in assenza di scelte possibili, anche la virtù non è pura ma vuota. La visione della vita spirituale come luogo di lotta e perenne conquista, rappresenta un carattere peculiare della persona e della poetica miltoniana, della sua passione religiosa e morale. Tale dimensione si manifesta anche in Of education (1644), in cui M. esprime il proprio ideale educativo di natura rinascimentale, mirante alla formazione di un uomo colto nelle lettere e nelle arti, versato nell'uso delle armi, ma soprattutto cosciente della problematica morale e religiosa e della finalità ultraterrena della vita umana. Il fallimento del suo matrimonio (1642) con Maria Powell, avvenuto subito dopo le nozze, spinse M. ad esprimere, in ben quattro pubblicazioni (tra il 1643 e il 1645), il suo sostegno all'istituto del divorzio. L'arresto e l'esecuzione di Carlo I Stuart furono oggetto delle opere più aspramente polemiche di quel periodo, in cui M. rivendicò il diritto del popolo non solo a deporre un re divenuto tiranno, ma anche a processarlo e condannarlo a morte (Of the tenure of kings and magistrates, 1649). M. diffuse una requisitoria contro Carlo I (Eikonoclastes, 1649) e nei suoi scritti difese l'atto del regicidio come legittimo, in riferimento sia alla legge inglese, sia alla tutela del bene del popolo (Pro populo anglicano defensio, 1651, in risposta alla Pro Carolo defensio regia di Salmasio; Defensio secunda, 1654). L'impegno politico distolse temporaneamente M. dall'attività poetica; di questi anni rimangono solo alcuni sonetti: Avenge o Lord thy slaughter'd saints (scritto per il massacro subito dai Valdesi), When I consider how my light is spent (sulla cecità che lo aveva colpito nel 1651), ecc. L'ultima importante opera in prosa del poeta fu De doctrina Christiana (1655-59, postuma), una sorta di compendio delle dottrine delle diverse confessioni cristiane; il risultato fu uno scritto teologicamente eterodosso, in cui si sosteneva, ad esempio, che le tre persone della Trinità non fossero coeterne e consustanziali o si negava la creazione del mondo ex nihilo, o ancora si affermava l'inferiorità dello Spirito Santo rispetto a Padre e Figlio, ecc. Da un punto di vista letterario, tuttavia, quest'opera rappresenta una valida guida alla comprensione del capolavoro di M.: Paradise lost (V. PARADISO PERDUTO, IL). Il poema era probabilmente concluso già nel 1663, ma la prima edizione apparve nel 1667 mentre quella definitiva è del 1674. Il Paradise lost si divide in 12 libri, composti in blank verse, cioè in decasillabi sciolti non rimati. L'invenzione poetica riprende liberamente il racconto della Genesi relativo alla cacciata dal Paradiso terrestre: si incentra sul racconto di due drammi (la caduta di Satana e degli angeli ribelli e il peccato di Adamo ed Eva), che si intersecano fra loro in un unico disegno narrativo. Se nel personaggio di Satana M. utilizzò i toni tragici e l'espressività eroica della fierezza della ribellione, dell'estrema affermazione dell'individualità e dell'orgoglio di sé, con un'adesione forse involontaria a tale dimensione prometeica, nelle figure di Adamo ed Eva egli ripropose la poetica degli affetti, dell'amore casto, della contemplazione della bellezza e della natura e, insieme, il dramma della fragilità umana che cade nel peccato, il risveglio della coscienza che dall'innocenza conosce la colpa e il principiare di una lotta verso la redenzione che sarà di tutta l'umanità. Stilisticamente, la grandiosità della visione e delle immagini non è frutto di una ricerca del dettaglio e del particolare, come spesso fu nell'Inferno dantesco, ma al contrario della loro natura indistinta ed evocativa, in cui i toni richiamano alla mente ciò che non si offre all'occhio: l'enorme abisso caotico avvolto dalle tenebre non suscita meno coscienza nel lettore di una sua puntigliosa descrizione. Considerato da molti critici come un poema biblico-religioso, al Paradise lost è totalmente estraneo l'intento didascalico e pedagogico, che è spesso elemento caratterizzante di tale genere letterario. Emerge dall'intera opera l'ispirazione schiettamente poetica, in cui l'ascendenza omerica della visione infernale e quella virgiliana del Paradiso realizzano la simbiosi tra classico e biblico, fra tragico e lirico che M. aveva inseguito e per cui aveva lavorato in tutta la sua vita. All'apogeo artistico seguirono altre due opere di grande levatura, pubblicate nel 1671: il poema Paradise regained (Il Paradiso riconquistato) e Samson agoniste (Sansone agonista). Il primo, riproponendo il racconto evangelico delle tentazioni subite da Cristo nel deserto da parte di Satana, preannuncia all'uomo la riconquista del Paradiso da parte del Figlio, mentre la seconda si pone come restaurazione, attraverso il racconto dell'episodio biblico dedicato al giudice Sansone, della forma tragica greca. La critica, almeno fino a tutto l'Ottocento, considerò M. come il più grande poeta inglese, secondo forse solo a Shakespeare, anche se qualcuno (Eliot, Keats, ecc.) gli rimproverò il carattere "artificiale" e "remoto" della lingua utilizzata, il gioco di inversioni e i toni lessicali di ascendenza greco-latina. Tale presunto difetto, d'altra parte, è ritenuto un grande pregio da alcuni studiosi, espressione della sua capacità di combinare, perfino nella struttura linguistica, la sua identità rinascimentale con la sua cultura classica (Londra 1608-1674).